Benvenut* nel mio blog

Un diario aperto a tutti, dove i pensieri che ho voglia di gridare possono prendere vita e raggiungere gli altri, per essere condivisi, discussi, anche smontati volendo

venerdì 19 marzo 2010

Questione di ritmo

Si rendeva conto che era solo una questione di ritmo, e lei, sapeva di averlo, il ritmo.
Era sabato pomeriggio e lei era chiusa in una sala prove con la band a cui si era unita una settimana prima.
Sentiva che le prove non stavano andando per il verso giusto e sapeva che era colpa sua, colpa della sua improvvisa mancanza di ritmo. Aveva deciso di staccare: era uscita e aveva iniziato a piangere. Ma non erano lacrime di dolore; erano le lacrime liberatore: quelle che ogni tanto le servivano per fare uscire tutti i pensieri della settimana e scaricare la tensione.
Era scesa nell’atrio e, alla macchinetta del caffè, aveva preso un bicchiere di cioccolata, anche se un bicchiere bianco di plastica non le dava la stessa sensazione di coccole di un bel tazzone con una faccia sorridente disegnata sopra.
Era tornata al piano superiore e aveva aperto la finestra del corridoio, a lei si apriva un paesaggio desolante: una distesa di cemento che terminava con un campo nomadi, le luci e i rumori lontani della città come sfondo. L’aria fresca di marzo le scompigliava i capelli e gli echi delle chitarre le creavano l’atmosfera perfetta per sfogarsi.
Un’improvvisa ondata di luce dietro l’angolo, le comunicò che qualcuno era uscito dalla stanza, forse per andare al bagno. Era certa che non sentissero la sua mancanza, ma sapeva che doveva tornare, solo per non farsi etichettare come stronza e primadonna.
Poi aveva sentito dei passi e le braccia di lui stringerla forte, i suoi riccioli biondi le si erano posati sul collo nudo e il suo profumo l’aveva avvolta.
Il bacio che era seguito sapeva di cioccolato e sale (quello delle sue lacrime) e le aveva donato quella sensazione che aveva invano cercato durante la giornata: la calma.
Erano rimasti così, abbracciati, al buio, per molti minuti, senza dire nulla, solo a sentirsi respirare, poi erano rientrati.
Avevano deciso di nascondere ciò che era accaduto, non perché fosse sbagliato, ma perché raccontarlo, anche omettendo i particolari, l’avrebbe privato della sua magia.
Gli altri, dal canto loro, non avrebbero potuto sospettare molto, dato che lui era uscito con la scusa di una chiamata per un ingaggio, ingaggio che poi era “saltato”. Lei era rientrata per prima, lui con ancora il tele-fono all’orecchio: nessuno, almeno per questa volta, avrebbe saputo nulla.
Finalmente aveva ritrovato il suo ritmo, ma le due ore erano passate, le prove erano finite e ciascuno doveva tornare a casa propria.
Lei aveva acceso l’iPod e sedendosi sui gradini dell’entrata, si era concessa l’ultimo momento di riflessione, gustando quel senso di libertà che la giornata le stava inaspettatamente regalando; poi aveva infilato il casco ed era partita, per la prima volta, senza rimpianti, riguardo a se stessa.

Racconto buttato giù durante la mattinata a scuola...seguo il consiglio di Ludovico e lo pubblico..

3 commenti:

  1. Martì, che dire, sai scrivere.

    Sarà perchè mi piacciono questo tipo di storie, sarà perchè sai coinvolgere seppur non è un racconto lungo, sarà perchè "sai prendere" da subito già all'inizio del racconto, a me piace. Brava davvero, e ascoltami, cerca di farti conoscere in giro. meriti tanto, ma tanto davvero

    RispondiElimina
  2. Molto, molto bello, davvero...i miei complimenti^^

    RispondiElimina
  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina