Me la vedo tutta intorno, mi scorre
addosso, me la sento fin dentro alle ossa, e la vivo, mi fa vivere,
mi mantiene vigile.
Ho chiuso l’ombrello, fregandomene
del freddo, ho lasciato che impregnasse i miei vestiti, che
arricciasse i miei capelli, lisciati con tanta cura, le ho permesso
di sfiorare il mio corpo, come una carezza.
Congelo ad ogni goccia che mi colpisce
e i brividi salgono lungo la schiena.
Prenderò sicuramente un bel
raffreddore, ma non mi importa: ho bisogno di piangere con qualcuno e
lei mi capisce sempre.
Scende nei momenti più opportuni e mi
abbraccia, mi travolge: è una madre premurosa, una sorella un po’
invadente.
I rivoli scendono lungo le mie gambe e
creano lunghe serpentine interrotte da gorghi sul marciapiede.
Saltello come una bambina di cinque
anni: entro a piedi pari nelle pozze e schizzo ovunque.
Ho bisogno di dimenticare, di non
pensare, di sciogliermi come sale, di fare portare via le impurità e
restare qui, solo nella mia essenza, senza un pensiero cattivo, senza
un tarlo che mi rode il cervello.
Arriva un momento in cui c’è bisogno
di sbottare, di esplodere: io lo faccio piangendo, il cielo lo fa più
o meno nella stessa maniera, e in questo siamo spesso sincronizzati.
Per questo dico che mi capisce, per il tempismo che la pioggia ha,
lei che scende quando ne ho bisogno io.
Corro e addosso le gocce sembrano aghi:
perforano la pelle, fanno male, sembrano i chiodi di un cilicio.
Ma che colpe devo espiare? In fondo io
di colpe non ne ho, non mi sembra di averne. Voglio solo trovare la
mia tranquillità, è così difficile?
E’ una pretesa troppo grande volere
lavare via di dosso una delusione?
Eppure la pioggia fa lo stesso con la
polvere, con il fango: scende, tocca il suolo e lì porta via ogni
schifezza.
Così fanno le mie lacrime, passano dal
cuore, dal cervello e portano via tutto, sgorgando dagli occhi come
zampilli di fontana.
E allora chiudo gli occhi, e comincio a
roteare, come una trottola, e sento la libertà ,al pace arrivare ed
entrarmi dentro, e anche questa volta le gocce sono aghi, ma non
fanno male, anzi solleticano, e il pianto si trasforma in riso, il
dolore in nuova felicità.