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Un diario aperto a tutti, dove i pensieri che ho voglia di gridare possono prendere vita e raggiungere gli altri, per essere condivisi, discussi, anche smontati volendo

giovedì 26 gennaio 2012

Memoria

Sono passati alcuni mesi da quando ho scritto l'ultimo post, ma ho avuto un periodo intensissimo di impegni e attività quindi chiedo scusa.
Sarebbe bello ricominciare a scrivere trattando un argomento felice, ma visto che quando si è felici di solito il momento lo si vive, parlerò di qualcosa di un po' più serio: La giornata della Memoria.
Lo scorso anno in questa occasione ho pubblicato un racconto "partorito" durante un pomeriggio di studio a casa della nonna di un mio amico.
Quest'anno preferisco parlare del mio reale punto di vista, con le mie parole, non con un personaggio.
Fin dalle medie l'argomento Shoah mi ha presa molto.
Ho letto svariati libri, alcuni più pesanti altri meno.
Ricordo ancora un disegno fatto in terza media a proposito di Auschwitz con una didascalia che recitava una cosa del tipo "Come un fiore nel filo spinato, io ricordo...".
Lo scorso anno ho avuto modo e tempo di leggere "Se Questo è un uomo" di Primo Levi e anche "Il sistema Periodico" e qualche mese più tardi "La notte" di Wiesel.
Quest'ultimo datomi da leggere dal mio professore di tecnologie chimiche, che mi sorprese durante una lezione nell'impegnata lettura di "formidabili quegli anni" (il 68 è l'altro periodo storico sul quale cerco da ormai un po' di tempo di documentarmi).
Più andavo avanti nella lettura più rimanevo sgomenta.
E' certamente il libro che mi ha fatto stare peggio di tutti quelli letti.
Non che gli altri non spiegassero bene o fossero più leggeri.
Ma questo mi è entrato dentro.
Non so quante volte in piedi davanti a mia madre le ho detto "Ma come è possibile che l'uomo abbia fatto delle atrocità del genere".
E non solo agli ebrei, perchè sempre di ebrei si parla, ma non c'erano solo loro: come canta Guccini "come può l'uomo uccidere un suo fratello?",uno qualsiasi dei suoi fratelli, il cui corpo funziona esattamente come il suo, che come lui respira, cammina e pensa (ama no, chi commise quei crimini secondo me non poteva provare lo stesso amore dei suoi fratelli).
Ecco, ci ho ripensato anche ieri sera, mentre guardavo un'intervista fatta a Edith Bruck dal mio ex insegnante di fisica, che ha la grande passione per la regia e al quale io e alcuni amici abbiamo partecipato come comparse per alcuni intermezzi.
Ho ascoltato le parole della scrittrice e mi sono sentita male dentro.
Le sue parole sul corpo dei sopravvissuti, sull'immagine della donna sopravvissuta continuano ad essere davanti ai miei occhi e fatico a scacciarle.

Perchè è successo?
E' questa la domanda che mi pongo sempre: Perchè?
Non voglio che succeda più.
Mai più